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4.8.14

Panta Rei

Aver re innescato un mulinello imolese che era meglio lasciare affondare, una finestra sul mondo che avrei preferito non guardare piu' perche' le conseguenze e i rimpianti di quel vedere sono insostenibili, come non si puo' riavere il passato, prendere un treno perso, vivere di malinconie che non vivono perche' sono malinconie..al massimo si puo' vivere in un sogno.
E quei mobili, quelle cose, che tanto mi creavano ansia, ora viaggiano in un container nel mare, di un tratto che attraversa il mondo e portano tutto lontano e tutto per essere rivissuto, e forse per la paura di dover smettere di sognare ho sognato che tutto affondava negli abissi come la scena del Titanic, i piatti, il como', la scrivania e i quadri rovesciarsi e inabissarsi.
Ritorno in quella camera, la mia memoria e' pregna di tutti i particolari, dalla scala con l'odore di parquet, davanti un mobiletto dove erano esposti i ricordi di viaggio, Messico, Guatemala, oggettini artigianali di terra cotta, di legno, forse un mio narghile' dalla Tunisia. Il bagno stile barca a vela, le piastrelle verdi azzurre, nere, bianche. Lo specchio che ci guardava nelle nostre paure, nei nostri piaceri nei nostri viverci. Il divano, la tv, le mensole con i libri e le videocassette, le foto dei ricordi dei viaggi, davanti ad un Castello per andare all' Oktoberfest, foto di amici, di un gruppo di amici unito, le cornici erano spesse e tutt'uno con la foto, mi piaceva quel metodo di stampa; il gufo di ceramica, era stato messo in mezzo a li, e anche una bottiglietta rosa di rosolio, ricordino della gita ad Assisi di terza superiore, la birra rossa col nome, portata da una gita in Puglia di A.P.; il tappeto kilim o chissa' cosa, i gabbiani di legno appesi con un filo che volavano leggeri con un tocco, il terrazzino un po' cupo ma da dove si vedevano le stelle, dal velux anche, sopra al letto, le due scrivanie di legno una piu' bassa, il disegno di carboncino che ti piaceva tanto, la piccola porta che dava su di una intercapedine del muro, dove stava il casino, il passato, l'inutile, il classico sgombraroba. Ci ho lasciato le Clark stese sul pavimento tante volte, i vestiti anni 90, le mutande, i cappotti dell'inverno quando fuori c'era la nebbia.
Ho rivisto foto nuove in cui come una luna compare a meta', ho visto facce che non conoscevo e facce vecchie, e ho capito subito chi aveva scopato con te, e immaginarmelo e' stato inabissante.
Ho rivisto una casa nuova che era gia' vecchia per me, che aveva una luce diversa da quando la varcai io, ed era piena di gente che non sa della mia esistenza, ed e' quello che resta, oggi. 

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