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28.11.13

Hic sunt leones

Foto di Bali, al tramonto, con Andrea che contratta la pesca 


Siamo al di la' delle mappe, dove non si conosceva, dove un leone e' il simbolo della citta', dove gli alberi trasudono di olii, la natura padroneggia i tempi, i tropici hanno confini liquidi e mi riconciglio con il cielo blu dopo la pioggia, puffando di qua e di la' tra la linea che percorriamo nel week end, quella di China town, con un tocco di magenta un po' dappertutto e il ciano della sera quando la playground si svuota degli urli dei bambini e gli odori della minestra cinese fanno da capolino nelle membra e sugli olfatti di noi essere umani Emigranti. E non solo perche' dopo anni ritrovo una certa pace, quel buco dell'infinito blu del pianeta visto da google, all'angolo della Pioneer street, dove il primo giorno in taxi ci disse il tassista: li si mangia proprio bene e' aperto 24h su 24 "Big Eater" Di granchi che sono blu prima di diventare rossi, di sedie di plastica sozze, davanti a una buganville, con la tovaglia di plastica e una tavolata piena di portate succulente. Con due amici che sono gia' diventati amici, quando e' scoccata quella scintilla che ci faceva capire di essere andati oltre. Ed e' stato un tuffo su google map nel cuore della quotidianita'. Oggi il sole mi acceca, sotto ad una palma o in treno, in casa dalla mia finestra, dietro a un arcobaleno in cui davvero volano uccellini blu come nella canzone; questa Asia...
E dire che nel punto piu' profondo del mediterraneo ci ho passato ben 12 estati, davanti all'isola di Sapientza, nel sud del Peloponneso, mi piace scriverlo perche' mi piace pensarci, dove uno e' messo nella vita senza pensarci troppo, se cambiera' o no non lo so, il punto e' che io mi trovo qui.

L'albero di Natale



Il puntale del mio albero da bambina era una stella di vetro comprata alla cartoleria della via Emilia vicino al teatro, avevo circa 6-7 anni e mentre compravano accessori per la scuola il Natale si avvicinava e mamma comprava alcune nuove decorazioni alla cartoleria. L'albero era un abete vero, quasi ogni anno comprato nuovo perche' dopo i vari tentativi di piantarlo in un vaso e vederlo perdere gli aghi ogni anno mamma' lo voleva VERO! all'inizio sapeva di resina e profumava, poi piano piano si rinsecchiva col riscaldamento condominale a busso e diventava parte dellla moquette verde.C'era la pallina azzurra, spruzzata di brillantini bianchi molto anni 80, rigorosamente di plastica, c'era quella di vetro rossa luccicante, la versione famiglia delle palline natalizie piu' classiche, la media, la grande e la piccola, la serie degli gnomi austriaci indaffarati a far qualcosa, le luci a palla di plastica colorate, gialle, arancioni, verdi e rosse unite da un filo plasticoso verde che si sbizzarrivano in cantilene musicali da pile scariche, parecchie cromie di luci alternate, una decina di palline in vetro preziose comprate a Salisburgo, di cui non ne e' rimasta neanche una. Il filo d'argento spelacchiato riusato ogni anno in tutte le salse, il soldatino di vetro con i colori sbiaditi, il torero, l'angelo di stoffa, le stelle argentate di midollino, e la poltroncina dell'orsetto.
Facevano l'albero di Natale piu' kitsch dell' universo! E la mia meraviglia davanti a esso per piu' di un decennio. Lo sguardo era fisso tra quel luminare e la tv Brionvega nera, alternativamente.
Ora, babbuine, godetevi il vostro albero finto made in China, con tre palline comprate al supermarcket, piu' i leccalecca a bastoncino che si sono sciolti in una notte in questo Natale a 30 gradi...

BOMBAY SAPPHIRE


Il mio film continua passeggiando per il Singapore river, con l'odore di  fritto, di smog, di pesce appena pescato, di granchi enormi in bella vista, chiudendo gli occhi, immaginando Singapore 100 anni fa, quando era un porto malfamato di fumatori d'oppio, pescatori di perle e pirati..
Con una fighissima scelta di gin inglesi sul menu', in una di quelle baracchine diventate lussuose e impeccabili, per farti il viaggio mentale con la gola che brucia di gin nell' ex colonia inglese.

7.11.13

Durante tutto il viaggio..


Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-22524>

5.11.13

Little India

Sono qui che mi guardo la mia mano dipinta con l'henne, stamattina a Little India, una di quelle passeggiate solitarie preziose come un sogno. Dopo parecchie fermate di metro, e nella cartina dalla linea verde incrociando quella viola, appena esco dalla metropolitana mi avvolge una luce calda e il solito tepore morbido, e' quasi ancora tutto chiuso, a parte qualche bancarella del mercato che sta allestendo frutta e verdura, fiori e luci per la festa di Deepavali, mi siedo in uno dei "bar" tradizionali,  ci sono solo indiani e nessun tuista ma i tavoli sono tutti pieni, allora una coppia di 70 enni mi invita  a sedermi, mi ricordano il mio babbo e la mia mamma in versione indiana! Per ringraziarli gli dico: NAMASTE, loro parlano solo hindi ma mi sorridono per tutto il tempo in cui bevo il caffe' e mangiamo con le mani parata e formaggio di capra.
Per tutta la via c'e' un'odore inconfondibile di curry e di incenso, scintillano i sari ben esposti nei bancali, fino al mercato del pesce e della carne. E degli occhi cosi belli di donne indiane ma anche arabe o del Myanmar cosi verdi azzurri che sembrano di vetro, mi chiedo se siano lenti a contatto, in ciglia truccatissime di nero e ombretto verde sotto a coloratissimi veli, ma quelle sono le indonesiane, e i malesi con gli occhi gialli che a guardarli m'imbarazzano, sono occhi cosi belli che mi appartengono intimamente nei ricordi. Li ho fissati qui come l'henne sulla pelle.