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13.8.12

IL MORO






Un uomo un mito, direi, ma come un mito a cui aspiro e sogno, più che altro è bello sentirlo amico.
Io che ne avevo sentito parlare a Faenza da quando ero al Ballardini, nella trasmissione di Philippe Daverio e amico di tanti amici, amico su facebook, e poi un giorno a Faenza lo incontro in mezzo alla strada mentre sto andando allo Zauli..
L'ho sempre paragonato al "Passatore" con la sua barbona ben curata i suoi occhioni neri da romagnolo doc e il suo immancabile toscano alla bocca..Uno che può anche incuterti timore a prima vista, ma che a me ha sempre dato quell'impressione di "babbo tenero" oltre che a tutto l'immenso di genio e fantasia che dalle sue mani e dal suo grande cuore sprigiona; lavori che tolgono la ragione alle cose: dei fiori di ceramica, delle catene spezzate arrotolate sull'argilla, forme rassomiglianti a ciò che vogliamo..infilzate come spiedini di carne, pesanti da mandare giù, ma leggeri da osservare e capaci di farti sognare.
Di smalti che pullulano di luci brillanti e di colori impensabili, colanti come miele in un biscotto fatto da mani che di argilla ne ha vista a milioni, la bottega vicino all'autostrada in cui lavora tutto il giorno, dall'altrettanto famoso Garavini. (Vicino alla balena nella rotonda) ..E non è Faenza un luogo magico?!
Ma il Moro ci invita a casa sua, dove ha creato un mondo altrettanto onirico e spettacolare, ma soprattutto accogliente, vissuto, artistico si, ma soprattutto un luogo fatto con tanto tanto amore.
Con la cura di un'opera d'arte ha costruito da un capanno di caccia, un castello di pietre solido e antiche, abbellito da ulivi greci, canne di bambù che lo circondano, un recinto di legno che mi ricorda un pò forte Apache e un pò un giardino zen, con fiori ora di ceramica ora di germogli accuratamente scelti, vicino ad un rio, come ogni incantata poesia..



L'orologio anni 50 di una vecchia stazione scandisce i punti cardinali di un galletto segnavento, con una vite che spunta sopra a un tetto! Con casette per i pipistrelli e ceramica che veste dal tappeto della piscina alla camera da letto, assieme a ricordi di un novecento campagnolo di cui io sento solo il profumo lontano, ma mi piace, mi fa sentire ancora una volta protetta da queste radici solide di ferri da stiro di ferro, setacci e seghe, slittini di legno, accette e maceti, che ne so..roba di un altro mondo!
Tre cani così diversi uno dall'altro, una compagna da 30 anni a dividere la vita con lui, in un opera che palpita e cresce come in tornio. Un tornio rosa e viola che gli regalò a vent'anni Augusto Betti*


Mani grandi il nostro Moro, capaci di contenere sogni e idee infinite, ogni pezzo della piscina posato da uno scarto di una prova di ceramica, per un effetto cangiante, scintillante, sfavillante nell'acqua e nella luce, assieme a ingranaggi di tempi moderni, pentole, ruggine e cotti antichi...un successo..uno spettacolo! Un sogno che ci fa dire, la vita è proprio questo, l'incredibile fantasia dell'uomo e la capacità di trasformare, riesumare e abbellire la vita stessa ...Grazie Moro!






7.8.12

MCZ

Museo Carlo Zauli, una poesia..questo piccolo cortile che si apre con il vecchio laboratorio, dal suo fascino industriale, storico, loft in cui il maestro lavorò per tutta la vita, non una semplice bottega faentina ma un luogo dove artisti di tutti il mondo si confrontavano e per tutto il mondo Zauli creava. Un giardino all'ombra del campanile di San Francesco, di un albero da cui












 Mathieu Mercier ha lasciato la  sua casa per uccellini di ceramica, appesa come un nido di immaginari infantili, dove Zauli e ancora Zauli verticali o sferiche, opere composte in più pezzi e 
assemblate, che puntano alla continuità..

Cosi ben curato ogni particolare che sembra che anche la luce sia messa al suo posto perfetto, sulle opere, sui muri di mattoni, sui forni impolverati e nelle cantine con la muffa di 30 anni fa,grandi mondi Faenza un altro mondo,il Giappone, la Cina, e Faenza dietro l'angolo.

Ancora artisti che si confrontano in quelle pieghe,con dei coriandoli di ceramica che estendono il momento della festa in cui si buttano a terra, essendo durevoli come porcellana,di luci anch'esse destinate a mutare ma con un opera a rimanere eterne, da neon da raspi d'uva sgranati come parole pesanti di poesia di porcellana, anche di uno stecchino assolutamente di ceramica che ricorda all'artista la fine della fame di suo padre in guerra,mondi vicini e così leggeri con una striscia di panna sempre in ceramica ai nostri 
piedi..









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